Bollettino ADAPT 23 novembre 2020, n. 43

 

Da qualche giorno è iniziata a circolare la bozza di quella che sarà la Legge di Bilancio del 2021. Tradizionalmente, la sezione della legge dedicata agli incentivi occupazionali è quella che rileva maggiormente poiché è dalle risorse economiche che lo Stato deciderà di investire in merito che dipenderà anche il contrasto alla disoccupazione e un mercato del lavoro più inclusivo.

Per il 2021, la legge – almeno nella sua veste provvisoria – prevede che l’esonero contributivo di cui all’art. 1, commi 100 e ss. della legge 27 dicembre 2017, n. 205 è riconosciuto ai datori di lavoro che assumano a tempo indeterminato lavoratori che “alla data della prima assunzione incentivata ai sensi del presente articolo non abbiano compiuto il trentaseiesimo anno di età”. Potranno usufruire dell’esonero anche i datori di lavoro che trasformeranno “contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato” nel biennio 2021-2022 (art. 4, comma 1). L’esenzione sarà pari alla misura del 100% della contribuzione dovuta, nel rispetto, tuttavia, del limite massimo di 6.000 euro annui.

Mentre è sufficiente che per accedere all’esenzione l’assunzione avvenga dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2022, la durata della stessa sarà pari a 36 mesiaumentata fino a 48 mesi per i “datori di lavoro privati che effettuino assunzioni in una sede o unità produttiva ubicata nelle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, puglia, Calabria e Sardegna” (art. 4, comma 2). Il medesimo esonero è riconosciuto anche alle donne con un’età superiore ai 50 anni e disoccupate da 12 mesi, ma per una durata ridotta, che è pari a 18 mesi (art. 5, comma 1), purché la loro assunzione determini “un incremento occupazionale netto calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori rilevato in ciascun mese ed il numero dei lavoratori mediamente occupati nei dodici mesi precedenti” (art. 5, comma 2). Se questa condizione non si realizza, non sarà possibile per l’impresa accedere all’esonero.

L’art. 4, comma 3 del testo di legge provvisorio aggiunge anche che, oltre a dover rispettare i principi generali in materia di fruizione degli incentivi di cui all’art. 31 del d.lgs. n. 150 del 2015, è necessario che ai fini dell’accesso all’esonero il datore di lavoro non abbia proceduto “nei sei mesi precedenti l’assunzione”, né “nei nove mesi successivi alla stessa, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi, ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223, nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva”.

Da questa misura incentivante restano esclusi per espressa previsione di legge: a) l’apprendista che, terminato il periodo di formazione, prosegua nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato; b) studenti che hanno svolto presso il medesimo datore attività di alternanza scuola-lavoro pari almeno al 30% delle ore di alternanza previste; c) studenti che hanno svolto, presso il medesimo datore di lavoro, periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore, il certificato di specializzazione tecnica superiore o periodi di apprendistato in alta formazione (art. 4, comma 4). In via indiretta, invece, restano esclusi i lavoratori aventi più di 50 anni disoccupati da almeno 12 mesi – poiché nell’art. 5, comma 1 si fa esplicito riferimento alle “lavoratrici donne” – e i giovani che, pur avendo i requisiti anagrafici previsti dalla norma, vengano però assunti tramite apprendistato professionalizzante. Le ragioni, al momento, sono ancora ignote, soprattutto perché nel mercato del lavoro i lavoratori svantaggiati non sono solo queste ultime, ma vi è una platea ben più vasta (la cui definizione è fornita dal Decreto Ministeriale del 17 ottobre 2017).

La misura, così articolata, riconosce dei benefici abbastanza ampi in termini di contenimento del costo della contribuzione per il datore di lavoro che assume un giovane con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato piuttosto che un datore di lavoro che decida di ricorrere all’apprendistato. Una scelta che non pare essere in linea, invece, con lo spirito e la ratio del recente D.D.L. n. 1338, nato anche per rispondere ai problemi della ridotta diffusione della tipologia contrattuale. Problemi che il Parlamento ha imputato ad un presunto complesso iter burocratico (che il d.lgs. n. 81 del 2015, invece, ha contribuito a snellire) senza tenere in conto che, invece, complice è anche una scarsa cultura imprenditoriale che attanaglia il nostro Paese nel non avere la propensione ad interpretare la formazione come una leva di innovazione e quindi di crescita per l’attività di impresa, considerandola diversamente mera sottrazione di tempo alla prestazione di lavoro. Peraltro, per avere un riscontro di quanto asserito, basterebbe incrociare il numero di assunzioni su base annua per verificare tra una popolazione lavorativa giovane (25-30 anni) quanti lavoratori vengono assunti facendo ricorso agli incentivi e ai bonus introdotti dalle diverse leggi di bilancio e quanti, invece, vengono assunti tramite l’apprendistato (che peraltro ha già un regime contributivo strutturale meno oneroso – pari al 11,31% – del contratto di lavoro subordinato).

Ma al netto di tali considerazioni, qui ci limiteremo a dimostrare perché, in termini quantitativi (rectiuscosto del lavoro), la Legge di Bilancio è in sostanza solo “uno specchietto per allodole” in quanto potrebbe provocare una corsa alle assunzioni incentivate senza un’attenta valutazione di quelli che sono i vantaggi (anche non economici) che l’apprendistato può esprimere, soprattutto per l’acquisizione di giovani risorse in azienda, rispetto ai quali la componente formazione non è da sottovalutare. Nelle tabelle che seguiranno, sarà indicata la retribuzione di lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato e inquadrati in livelli contrattuali intermedi previsti dagli accordi collettivi applicati nei maggiori settori produttivi italiani per poi applicare su questa l’aliquota contributiva prevista dalla legge e osservare concretamente il valore del risparmio generato dall’esonero.

Tabella n. 1 – Livelli retributivi del settore commercio. CCNL del settore Commercio-Confcommercio (aggiornato al 1° gennaio 2020).

Livello Minimo tabellare Contingenza Indennità di funzione Terzo elemento Totale
Operai specializzati
IV livello 1.092,46 524,22 0 2,07 1.618,75
Operai qualificati
V livello 987,01 521,94 0 2,07 1.511,02

Tabella n. 2 – Livelli retributivi del settore metalmeccanico artigiano. CCNL del settore metalmeccanico artigiano (aggiornato al 1° settembre 2018).

Livello Minimo tabellare Contingenza Indennità di funzione Terzo elemento Totale
Operai specializzati
III livello 1.476,25 0 0 0 1.476,25
Operai qualificati
V livello 1.340,12 0 0 0 1.340,12

Tabella n. 3 – Livelli retributivi del settore metalmeccanico delle aziende industriali. CCNL del settore metalmeccanico delle aziende industriali (aggiornato al 1° giugno 2020).

Livello Minimo tabellare Contingenza Indennità di funzione Terzo elemento Totale
Operai specializzati
VS livello 1.950,39 0 0 0 1.950,39
Operai qualificati
IIIS livello 1.663,88 0 0 0 1.663,88

 Tabella n. 4 – Livelli retributivi del settore edile delle aziende industriali. CCNL del settore edile delle aziende industriali (aggiornato al 1° settembre 2020).

Livello Minimo tabellare Contingenza Indennità di funzione Terzo elemento Totale
Operai specializzati
III livello 1.163,96 519,16 10,33 0 1.639,45
Operai qualificati
II livello 1.047,57 516,43 10,33 0 1.574,33

Tabella n. 5 – Livelli retributivi e contributivi del settore alimentare aziende industriali. CCNL del settore alimentare aziende industriali (aggiornato al 1° dicembre 2019).

Livello Minimo tabellare Contingenza Indennità di funzione Terzo elemento Totale
Operai specializzati
III livello 1.340,73 522,32 10,33 0 1.873,38
Operai qualificati
V livello 1.134,46 517,65 10,33 0 1.662,44

Tabella n. 6 – Livelli retributivi e contributivi del settore autotrasporto merci e logistica. CCNL del settore autotrasporto merci e logistica (aggiornato al 1° ottobre 2019).

Livello Minimo tabellare Contingenza Indennità di funzione Terzo elemento Totale
Operai specializzati
IIIS livello 1.750,37 0 0 0 1.750,37
Operai qualificati
V livello 1.544,97 0 0 0 1.544,97

Tabella n. 7 – Livelli retributivi e contributivi del settore degli studi professionali. CCNL del settore degli studi professionali Confprofessioni (aggiornato al 1° settembre 2017).

Livello Minimo tabellare Contingenza Indennità di funzione Terzo elemento Totale
Operai specializzati
III livello 1.511,37 0 0 0 1.511,37
Operai qualificati
IV livello 1.413,11 0 0 0 1.413,11

Sulle retribuzioni indicate nelle tabelle che precedono (1-7), si procederà a calcolare l’aliquota contributiva del fondo pensionistico pubblico dei lavoratori dipendenti, pari mediamente al 33%, per poi calcolare il valore economico della contribuzione su base annua, con la finalità di verificare in termini quantitativi la diminuzione del costo del lavoro in ipotesi di decontribuzione prevista dalla Legge di Bilancio 2021.

Tabella n. 8 – Valore della contribuzione calcolata su base mensile e su base annuale in base alle retribuzioni indicate nelle tabelle precedenti (1-7). Nel calcolo del valore su base annuale sono comprese anche le mensilità aggiuntive.

Settore Valore su base mensile Valore su base annuale
Commercio 485,62/453,31 6313,06/5893,03
Metalmeccanico Artigiano 442,88/402,04 5757,44/5226,52
Metalmeccanico Industria 585,12/499,17 7.606,56/6489,21
Edile 491,83/472,29 6393,79/6139,77
Alimentare Aziende Industriali 562,01/498,73 7306,13/6483,49
Autotrasporto Merci Logistica 525,11/463,49 6826,43/6025,37
Studi Professionali 453,41/423,93 5894,33/5511,09

 

Posto che la Legge di Bilancio 2021 prevede l’esenzione contributiva fino ad un massimo di 6.000 euro annui, un’azienda metalmeccanica artigiana, ad esempio, che assume un giovane fino a 35 non verserà alcunché di contributi poiché questi sono coperti dalla spesa pubblica; diversamente, un’azienda edile industriale che assume un operaio specializzato di III livello con un’età non superiore ai 36 anni di età verserà solo 393,79 euro di contributi anziché 6393,79 euro, perché i primi 6.000 euro ricadono nella misura incentivante prevista dalla legge di bilancio. In altri termini, l’azienda edile in questione avrebbe dovuto versare in un triennio 19.181,37 euro di contribuzione ma dato che 18.000 euro saranno a carico dello stato, la stessa dovrà versare solo 1.181,37 in un triennio.

Tabella n. 9 – Livello retributivo dell’apprendista di tipo B, IV livello, del settore edile. CCNL del settore edile delle aziende industriali (aggiornato al 1° settembre 2020).

Livello Minimo tabellare Contingenza Indennità di funzione EDR Totale
Apprendista di tipo B – III livello (0/12) 838,05 373,80 0 7,44 1.219,29
Apprendista di tipo B – III livello (13/24) 907,89 404,94 0 8,06 1.320,89
Apprendista di tipo B – III livello 

(25/30)

989,37 441,29 0 8,78 1.439,43
Apprendista di tipo B – III livello 

(31/36)

 

1.047,56

 

467,24

0 9,30 1.524,11

 

Ma se la medesima azienda edile assume nello stesso lasso temporale anche un’apprendista professionalizzante inquadrato nel III livello (cfr. Tabella n. 9), dovrà versare 1792,7 euro di contribuzione per i primi 12 mesi, 1942,07 per i successivi 12 mesi, 976,79 euro per altri 6 mesi ed infine 1.034,22 euro per gli ultimi 6 mesi, per un totale di 5.745,48 euro di contribuzione. Che non è poca cosa rispetto ai 1.181,37 euro del giovane assunto nel medesimo lasso temporale. In altri termini tra un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e un contratto di apprendistato, che è e resta un contratto di lavoro a tempo indeterminato sia pure con profili causali caratterizzanti (cfr. Cass. 15 marzo 2016, n. 5051), si verrebbe a determinare una differenza contributiva superiore ai 4.000 euro, pur essendoci, invece, un risparmio sulla retribuzione che nel caso dell’apprendista si aggira intorno ai 53.000 euro in un triennio rispetto ai 62.000 circa del lavoratore assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato.

All’esito di questa breve analisi, dove il ragionamento giuridico cerca di intercettare quello economico, possiamo confermare che l’impianto della Legge di Bilancio 2021 (almeno nella sua versione provvisoria) non fa altro che alimentare una ulteriore “fuga” da una tipologia contrattuale che, invece, oltre a contenere già in sé molti incentivi (di non sola natura economica) si presta ad essere strategica per le aziende in quanto consente a queste di investire sullo sviluppo delle competenze, aspetto non del tutto secondario, considerata l’importanza alla luce del cambiamento tecnologico che il mondo dell’impresa sta attraversando. Ciò che infatti non offre il contratto a tempo indeterminato subordinato “decontribuito” è la garanzia per il lavoratore di una reale crescita professionale e di sviluppo delle competenze all’interno del contesto produttivo. Infatti, l’azienda potrebbe trovare difficoltà a formare il giovane secondo le esigenze organizzative e produttive posto che nel programma negoziale del contratto di lavoro a tempo indeterminato manca l’elemento della formazione.

Giovanni Piglialarmi

Assegnista di ricerca presso il centro studi DEAL (Diritto Economia Ambiente Lavoro)
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@Gio_Piglialarmi