Apprendistato professionalizzante: cumulabilità, limiti, e la necessaria attenzione alla dimensione formativa.

Anticipando le conclusioni del presente articolo, è possibile affermare che è legittimo il contratto di apprendistato stipulato dal lavoratore che abbia svolto un periodo di apprendistato (anche presso lo stesso datore di lavoro), a condizione che il nuovo contratto di apprendistato sia finalizzato al conseguimento di ulteriori e diverse competenze, al di là della qualifica contrattuale al cui raggiungimento è finalizzato il periodo di formazione, rispetto a quelle ottenute al termine del precedente contratto di apprendistato o comunque già in possesso del lavoratore.
La regola appena delineata può considerarsi pacifica alla luce di pronunce da parte del Ministero del Lavoro, espressosi attraverso plurimi interpelli e circolari che, stratificatesi nel tempo, hanno costruito una norma univoca. Già in riferimento alla disciplina allora vigente, cioè il d.lgs. 276/2003, l’interpello n. 8 del 2 febbraio del 2007 aveva chiarito che «non esiste in effetti alcuna previsione normativa che escluda la possibilità di assumere giovani in apprendistato solo per il fatto di essere già stati in precedenza impiegati o comunque utilizzati dalla stessa impresa». Per evitare comportamenti elusivi, infatti, è sufficiente accertare che «il soggetto da assumere con contratto di apprendistato professionalizzante abbia svolto in precedenza un periodo lavorativo in forza di una diversa qualifica professionale» ovvero, in caso di medesima qualifica contrattuale, che la formazione oggetto nel nuovo contratto di apprendistato conferisca «una professionalità diversa da quella già acquisita».

La regola, dunque, è quella di valutare in concreto, caso per caso, se il nuovo contratto di apprendistato, alla luce del Piano Formativo Individuale, consente lo sviluppo di competenze «diverse ed ulteriori, anche di tipo integrativo», rispetto a quelle già in possesso del lavoratore. Lo conferma anche la giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. civ. Sez. Lav., 20 settembre 2010, n. 19834) che sancisce il principio per cui «il contratto di apprendistato [debba avere] un effettivo contenuto formativo» e che la sua «legittimità» debba essere valutata «in relazione ad ogni singolo rapporto di lavoro e non in astratto». Nel caso di specie i giudici di legittimità hanno ritenuto «superflua una formazione specifica» per il lavoratore adibito a mansioni di disegnatore tecnico già in possesso di un diploma di geometra che «in concreto» rendeva «del tutto inutile un addestramento pratico».

Come ricordato dal Ministero del lavoro, su questo tema è importante considerare anche l’intervento della contrattazione collettiva. Non solo: è lo stesso d.lgs. 81/2015 che, all’art. 44, comma 2, individua nella contrattazione collettiva l’attore titolato alla regolamentazione della durata e modalità e, di fatto, anche dei contenuti della formazione professionalizzante, vera pietra angolare del contratto d’apprendistato professionalizzante. Sono numerosi gli accordi collettivi che si occupano specificatamente della successione di più contratti di apprendistato professionalizzante. Particolare attenzione è rivolta ai periodi di apprendistato svolti in precedenza presso altri datori di lavoro che – nella maggioranza dei casi – si cumulano ai fini della durata del contratto di apprendistato, purché si riferiscano allo «stesso profilo professionale» (CCNL Pubblici esercizi, ristorazione, turismo, Confesercenti, 8 febbraio 2018, art. 73), ovvero «alle stesse attività lavorative» o «attività» (CCNL Edilizia Az. Industriali, Ance, 18 luglio 2018, art. 92, CCNL Legno e Arredamento Pmi,
Confapi, 18 aprile 2017. Art. 129, CCNL Cooperative Sociali, Confcooperative, 21 maggio 2019. Art. 28, CCNL Terziario, Confcommercio, 30 marzo 2015. Art. 59), ovvero «alle stesse mansioni» (CCNL Calzature Az. Industriali, Assocalzaturifici, 27 aprile 2017, Art. 23, CCNL Metalmeccanica, Oreficeria, Odontotecnica, Az. Artigiane, Confartigianato, 24 aprile 2018.
Art. 27, CCNL Tessili e Abbigliamento Pmi, Uniontessile-Confapi, 12 ottobre 2016. Art. 31), e purché tra un periodo e l’altro non sia intercorsa un’interruzione superiore a 12 mesi. Questa la regola più diffusa nella contrattazione collettiva, di cui gli accordi menzionati sono appena esemplificativi, nulla vietando che le parti sociali decidano per altre soluzioni originali.

Ritornando, ora, alle domande poste in apertura, oltre alle soluzioni “tecniche” offerte dalle istituzioni e dalle parti sociali, è opportuno richiamare due elementi che costituiscono le fondamenta di ogni contratto di apprendistato professionalizzante: la dimensione formativa e la sua concreta declinazione nel Piano Formativo Individuale.
Pur messa in ombra da un ricorso all’istituto giustificato più da motivazioni di natura economica, e cioè per l’abbattimento del costo del lavoro, la formazione è la necessaria “anima” di tale fattispecie, senza la quale viene meno la ragione stessa per la quale si dovrebbe utilizzare il contratto di apprendistato professionalizzante. Formazione che si traduce, nel concreto, in quell’insieme di competenze che la contrattazione collettiva individua come fondamentali ed imprescindibili per l’ottenimento della qualificazione ai fini della quale viene stipulato il contratto. La mappa per tenere traccia di tale percorso formativo è il Piano Formativo Individuale, che richiede una specifica attenzione sia nella sua fase di progettazione – per l’individuazione delle competenze e per il loro inserimento all’interno del percorso – sia per il monitoraggio di quanto effettivamente appreso. Non solo. Essendo individuale, esso dev’essere costruito anche valorizzando le competenze già possedute dall’apprendista, come infatti viene ricordato dal Ministero del Lavoro.
Concludendo, un’attenta progettazione del Piano Formativo Individuale e la valorizzazione della dimensione formativa sono i primi, fondamentali, passi per la realizzazione di percorsi di apprendistato professionalizzante che, oltre a rispettare la normativa vigente, siano anche capaci di portare valore, in termini di competenze e professionalità, alle imprese e agli stessi lavoratori.

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