1. Durante il periodo di cassa integrazione, le imprese che hanno scelto di erogare direttamente la formazione di base e trasversale, non avvalendosi dell’offerta formativa pubblica, possono continuare ad erogarla a distanza?

Durante il periodo di cassa integrazione l’apprendista non può svolgere attività formative. Nel caso in questione si fa riferimento alla possibilità, in capo al datore di lavoro, di non avvalersi dell’offerta formativa pubblica ed erogare direttamente la formazione di base e trasversale, stanti i requisiti fissati dalle norme regionali, che a loro volta si rifanno a quanto disposto dall’accordo in conferenza Stato- Regioni del 20 febbraio 2014, richiamato anche dall’art. 44, comma 3 del d.lgs. 81/2015. La formazione di base e trasversale viene quindi svolta sotto la responsabilità del datore di lavoro, che deve rispettare degli standard minimi formativi, e a spese proprie, secondo quanto disposto dalle diverse normative regionali e dalle sopra menzionate Linee Guida.

Il riferimento vigente per quanto riguarda la fruibilità della Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria anche da parte degli apprendisti di secondo livello è il d.lgs. 148/2015, attuativo del c.d. Jobs Act, dove si legge, all’art. 2 comma 4: “Alla ripresa dell’attività lavorativa a seguito di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, il periodo di apprendistato è prorogato in misura equivalente all’ammontare delle ore di integrazione salariale fruite”. L’indicazione della proroga del periodo di apprendistato è giustificata dal fatto che, durante il periodo di sospensione dell’attività lavorativa, l’apprendista non riceve formazione: da qui la necessità di un periodo di tempo utile per recuperare. Peraltro, il calcolo è effettuato in ore, e non in giornate lavorative, a dimostrazione che, anche in caso di sola riduzione dell’orario lavorativo, per ogni ora non svolta – dato l’accesso a forme di sostegno al reddito, questa è da recuperare una volta concluso il godimento dell’ammortizzatore sociale.

L’apprendistato professionalizzante è infatti un contratto a tempo indeterminato: ciò che ha termine è la fase formativa, corrispondente al periodo durante al quale l’apprendista acquisisce le competenze utili per il raggiungimento della qualificazione per raggiunger la quale viene stipulato il contratto. Gli interpelli al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali riguardanti l’eventuale proroga del periodo di apprendistato, e in particolare l’interpello n. 34 del 15 ottobre 2010 e n. 17 dell’11 luglio 2007, hanno ribadito tale principio: è possibile prolungare il rapporto di apprendistato professionalizzante se, a causa di un’interruzione di diverso tipo, l’apprendista non ha potuto fruire della formazione inizialmente prevista. Da qui anche la logica della proroga dopo un periodo di Cassa Integrazione: dato che il comma 4 sopra richiamato è perentorio nel richiedere una proroga equivalente alle ore di integrazione salariale fruite, non risulta percorribile lo svolgimento di attività formative durante questo periodo di sospensione. Il contratto, infatti, andrebbe prorogato, ma in assenza delle ragioni che giustificano tale proroga: e cioè l’assenza di formazione. L’apprendista, quindi, potrebbe comunque completare il percorso formativo nei termini stabiliti, ma vedersi allungato il periodo di apprendistato senza una vera giustificazione formativa, potendo quindi lamentare un periodo di retribuzione inferiore a quanto gli sarebbe spettato in caso di conclusione del periodo di apprendistato.

Inoltre, a differenza di quanto accade nell’apprendistato di primo e terzo livello, nell’apprendistato di secondo livello le ore di formazione esterna, destinate all’ottenimento di competenze di base e trasversale, sono retribuite come normali ore lavorative e svolte durante l’orario di lavoro. Se l’apprendista svolgesse queste ore durante un periodo di fruizione di integrazione salariale, potrebbe richiedere, se non la piena retribuzione come normalmente spettante, almeno le coperture assicurative e previdenziale previste per le normali ore di lavoro nelle quali avrebbe dovuto fruire della formazione esterna. Inoltre, essendo la formazione svolta solo durante lavorativo, ciò potrebbe andare in contrasto con quanto disposto dal già citato d.lgs. 148/2015, all’art. 8 comma 2 specifica che “Il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o  subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate”. Ma considerato il fatto che le ore di formazione sono ore di lavoro, significherebbe per quelle ore non dovrebbe fruire dell’integrazione salariale ma della piena retribuzione.

Sempre a proposito della formazione esterna nell’apprendistato professionalizzante, si segnala che per verificare se essa sia erogabile a distanza è necessario rifarsi a quanto disposto sul punto dalle diverse discipline regionali. Le informazioni fornite nel webinar di lunedi 30 marzo, riguardanti Regione Toscana, Regione Emilia-Romagna e Regione Friuli-Venezia Giulia, non sono quindi da tenere in considerazione.

APPRENDISTATO DI PRIMO LIVELLO – FORMAZIONE INTERNA E VALUTAZIONE
2. Cosa accade se l’impresa vuole esercitare la facoltà di recesso al momento in cui l’apprendista duale consegue il titolo di studio, qualora questi non abbia completato la formazione interna?

In questo tempo straordinario possono verificarsi fattispecie straordinarie come quella in cui il datore di lavoro receda da un contratto di apprendistato duale – al momento del conseguimento del titolo di studio da parte dello studente del lavoratore – senza aver erogato l’intero monte orario di formazione interna, a causa delle misure di contenimento del corona virus.

In una eventualità del genere il lavoratore potrebbe domandare a un giudice sia la condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi maggiorati, ai sensi dell’art. 47, comma 1, d. lgs. 81/2015, che addirittura la conversione del contratto di apprendistato in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Non si discuterà in questa sede dell’opportunità di considerare la “conversione” dell’apprendistato una sanzione irrogabile a fronte dell’inadempimento formativo da parte del datore di lavoro. Si vuole approfondire, piuttosto, la possibilità per il datore di lavoro più prudente di evitare ogni contenzioso, valutando anche se possa considerarsi effettivamente responsabile di un inadempimento.

La strada più semplice, oltre quella (ovvia) della conferma in servizio, potrebbe essere quella della proroga del contratto di apprendistato. Ai sensi dell’art. 43, comma 4, d.lgs. 81/2015, infatti, «i datori di lavoro hanno la facoltà di prorogare fino ad un anno il contratto di apprendistato dei giovani qualificati e diplomati, che hanno concluso positivamente i percorsi di cui al comma 1, per il consolidamento e l’acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali e specialistiche».

Per porre il datore di lavoro al riparo da qualsiasi rischio di contenzioso, in sintesi, potrebbe bastare una proroga di 30 o 60 giorni, utili per recuperare le ore di formazione interna, che non è stato possibile erogare in pendenza delle misure straordinarie di contrasto alla diffusione del virus COVID-19.

Dalla straordinarietà delle misure di contenimento potrebbe ricavarsi un ulteriore ragionamento sulla possibilità di considerare il datore di lavoro responsabile dell’inadempimento formativo. L’art. 47, comma 1, del d. lgs. 81/2015, prevede che la mancata erogazione della formazione interna sia sanzionabile soltanto quando imputabile «esclusivamente» alla responsabilità del datore di lavoro.

Più precisamente – come indicato già dalla circolare del Min. Lav. n. 5 del 2013 – l’inadempimento formativo deve essere valutato sulla base di un duplice requisito: la gravità della violazione, tale da impedire il raggiungimento dell’obiettivo formativo, e l’esclusiva responsabilità del datore di lavoro.

Innanzitutto, dunque, le sanzioni possono essere comminate soltanto se la parte di formazione interna non erogata è tale da impedire il raggiungimento dell’obiettivo formativo, e ciò non sembra possibile, poiché nel caso (astratto) in esame l’apprendista ha conseguito il titolo di studio.

In secondo luogo, deve accertarsi anche che la responsabilità  dell’inadempimento formativo sia da imputare esclusivamente al datore di lavoro. La circolare del Min. Lav. N. 40/2004 ha già precisato che l’inadempimento va accertato, oltre che sulla base della quantità di formazione, rilevando l’esistenza di un tutor aziendale e di ogni altro elemento che provi una grave inadempienza del datore di lavoro.

A tal proposito, va ricordato che nell’ordinamento italiano vige il principio secondo il quale nessuno può essere tenuto a prestazioni impossibili (ad impossibili nemo tenetur). Come prescrive l’articolo 1256 del codice civile, all’interno del titolo delle obbligazioni in generale, comprese quelle che hanno fonte nella legge, il debitore – in questo caso il datore di lavoro – non può considerarsi obbligato alla prestazione (di erogazione della formazione) perché essa è diventata impossibile per causa a lui non imputabile.

Nella vicenda in esame, la causa della mancata formazione interna non è certo imputabile al datore di lavoro, essendo piuttosto rintracciabile in un provvedimento straordinario come i DPCM del mese di marzo e il decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 che hanno imposto la sospensione di alcune attività lavorative. Il Decreto Cura Italia, infatti, seppur non riferendosi ai contratti di lavoro (né tanto meno ai contratti di apprendistato) ha disposto, a dimostrazione della possibilità di inquadrare COVID-19 come causa di impossibilità sopravvenuta liberante il debitore, che «il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione (…) della responsabilità del debitore».

Alla luce di quanto detto sinora, il datore di lavoro che non voglia confermare in servizio l’apprendista duale a favore del quale non  abbia erogato tutta la formazione interna prevista dal Piano Formativo Individuale, a causa delle misure di contenimento del contagio di COVID-19, può procedere con la proroga del contratto di apprendistato per il tempo utile ad adempiere agli obblighi formativi, ovvero recedere comunque dal contratto, non potendosi ragionevolmente ritenere responsabile esclusivo della mancata formazione.

3. Ai fini della valutazione da parte dell’istituto scolastico del percorso dello studente apprendista – in sede di scrutinio per l’ammissione all’anno scolastico successivo – cosa accade qualora l’azienda non abbia erogato la formazione interna necessaria per la stessa valutazione da parte della scuola?

Si è già avuto modo di precisare come, nel caso dell’apprendistato duale, la formazione esterna possa procedere anche in pendenza delle misure restrittive: le scuole non sono chiuse e le attività didattiche proseguono a distanza. Dal punto di viste delle scuole si pone però un problema nell’eventualità in cui lo studente-apprendista non svolga alcuna ora di formazione interna a distanza, o perché l’azienda non è attrezzata per erogarla a distanza o perché il tutor è in cassa integrazione oppure fruisce delle ferie o di un congedo imposto dal datore di lavoro per far fronte all’emergenza. In questa eventualità, secondo alcuni operatori, lo studente apprendista potrebbe non raggiungere il monte orario scolastico ordinamentale: com’è noto, infatti, la formazione interna – vista dal lato della scuola – non è altro che una quota del calendario scolastico che lo studente apprendista svolge all’esterno della scuola: non a caso il monte orario della formazione interna viene calcolato sottraendo al monte orario ordinamentale del percorso di studio la percentuale di ore che, come previsto dal Decreto Interministeriale 12 ottobre 2015, deve essere svolta in formazione esterna.

Pertanto, deve ritenersi che, qualora l’apprendista duale non svolga alcuna ora di formazione interna, nulla osta alla valutazione da parte dell’istituto scolastico del percorso dello studente apprendista in sede di scrutinio per l’ammissione all’anno scolastico successivo, anche coinvolgendo il tutor aziendale. Le ragioni sono plurime.

In primo luogo, le istituzioni scolastiche possono concordare con il datore di lavoro e con lo studente apprendista che, in pendenza delle misure restrittive e alla luce dell’impossibilità di partecipare alla formazione erogata dall’azienda, il giovane partecipi a tutte le attività didattiche svolte dalla scuola a distanza, così come uno studente ordinario. Ciò consentirebbe – al di là del destino della formazione interna, del contratto di apprendistato e del PFI (che comunque può essere modificato) – alla scuola di avere materiale a sufficienza per valutare l’apprendista alla stregua dei suoi compagni di classe.

Inoltre, va ricordato che sono previste delle deroghe che ammettono la valutazione dello studente che non abbia partecipato – al netto delle regole sulle assenze – alla totalità del percorso formativo ordinamentale. Il Decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122 contenente il «Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni», infatti, all’art. 14, comma 7, dispone che ai fini della valutazione finale di ciascun studente è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario scolastico e che le istituzioni scolastiche possono stabilire per casi eccezionali «motivate e straordinarie deroghe al suddetto limite».

Paolo Bertuletti
Assegnista di ricerca
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
@PaoloBertuletti

Matteo Colombo
ADAPT Junior Fellow
@colombo_mat

Giorgio Impellizieri
ADAPT Junior Fellow
@Gimpellizzieri

Emmanuele Massagli
Presidente ADAPT
@EMassagli

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